Lo ha affermato con convinzione nei giorni scorsi Danilo Venturi, il nuovo direttore della sede milanese dell’Istituto Europeo di Design, già a capo della sede fiorentina per un biennio.
«Per la generazione Z -ha spiegato Venturi, secondo quanto riportato dagli organi di stampa- la scuola è dopo la famiglia un secondo luogo: deve sapersi adattare ai ritmi e ai modi di apprendimento dei singoli studenti, instaurando un dialogo di tipo quasi “parentale”». Un’intuizione che ha riecheggiato anche nella campagna social “IUSVE family”, utilizzata agli esordi per identificare il nostro Istituto universitario.
Ma cosa dovrebbe imparare l’università? Secondo Venturi, in ambienti di apprendimento e contesti professionali in cui l’Intelligenza Artificiale sta puntando alla perfezione, l’istruzione superiore potrebbe imparare, ad esempio, ad accettare, riposizionare e rivalutare l’errore come cifra distintiva dell’umanità.
Errore che segnala il limite, stimola alla ricerca della soluzione più adeguata, può diventare sinonimo di ripartenza, elemento fondamentale dell’esistenza tanto da trasfigurarsi nell’arte sotto la forma di interferenza della perfezione, come ha messo in rilievo Piero Martin, professore di Fisica della materia all’Università di padova, nel suo libro “Storie di errori memorabili” o i 50 artisti internazionali che hanno esposto le loro opere nella mostra “Glitch”, allestita nella Pinakothek der Moderne di Monaco di Baviera nei primi mesi del 2024.
Il termine tedesco “glitschen”, da cui sembra derivare etimologicamente il titolo della mostra, significa “scivolare” e nell’ambito dei videogiochi indica tecnicamente un malfunzionamento che altera la corretta visione dei pixel sullo schermo. La “glitch art” suggerisce quindi che c’è un lato produttivo ed estetico del difetto che, non di rado, attrae e insegna più della perfezione.
Marco Sanavio, direttore #CubeLive